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LE CAMPANE DELLE CHIESE SANGIOVANNESI

di Giovanni Greco

La tradizione vuole che ad introdurre per primo l’uso della campana nella chiesa e nel rito ecclesiastico sia stato nel V secolo san Paolino, vescovo di Nola. La sua grande diffusione è però avvenuta qualche secolo più tardi e ha raggiunto il massimo splendore dopo l’anno Mille con il sorgere di grandi chiese e svettanti cattedrali. Una fossa per la fusione di campane è stata portata alla luce anche nello spiazzo esterno della chiesa di Jure Vetere in occasione degli scavi archeologici operati nell’antico sito tra il 2002 e il 2005. A San Giovanni in Fiore le orecchie sono abituate a sentire i rintocchi delle campane delle chiese, che annunciano l’inizio delle funzioni liturgiche, l’Angelus o Ave Maria al mattino, mezzogiorno e sera, i funerali, le feste patronali, le processioni, le solennità e altri eventi riguardanti la comunità. Alcune campane segnano anche le ore e i quarti della giornata, funzionando da orologio per la città. La più antica campana sangiovannese si trova nel campanile della chiesa abbaziale e, come si può dedurre dall’iscrizione che vi è riprodotta – Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te Nicola – fu fatta realizzare da Nicola de Nicolicchio di Bisignano, abate florense dal 1385 al 1418. Accanto a questa c’è un’altra campana più grande realizzata da Giacinto Gullo al tempo del secondo governo abbaziale del cistercense Gioacchino Tambati, la cui storia è pure raccontata da un’iscrizione a rilievo posta sulla fascia: «Rotta per caduta nel 1743 fu immediatamente rifusa ed accresciuta del doppio nell’anno del Signore 1744». Con l’altezza di m 1,21 e la bocca m 1,07 di diametro misura il doppio della prima e porta anche riprodotte a bassorilievo da una parte l’effigie di san Giovanni Battista con una frase evangelica che lo riguarda e dall’altra una lucertola “rampante”. Poco lontane dall’abbazia e in posizione leggermente più alta si trovano la chiesetta dell’Annunziata e la chiesa madre. Nel campanile della prima non ci sono campane. Quella in dotazione nel 1959 è stata rimossa insieme con quelle della chiesa madre e portate nella cittadina molisana di Agnone presso la celebre Fonderia Pontificia Marinelli, la più antica d’Europa, per contribuire alla fusione di una batteria di otto nuove campane bronzee di diversa grandezza con sopra riprodotte immagini diverse. Le tre più grandi sono ora collocate sul lato orientale, le altre cinque su quello occidentale nell’imponente torre campanaria della chiesa madre in Piazza. Sopra la torre una struttura di cemento a forma di edicola accoglie le campane dell’orologio cittadino posto sulla facciata. La campana della chiesa dei Cappuccini squilla al centro di un modesto campanile a vela. Realizzata da Pietro Provenzano di Cortale, fu donata nel 1846 alla fraternità monastica da Ferdinando II di Borbone per ringraziarla per “aver pregato” (sic!) per la cattura dei fratelli Bandiera e compagni, avvenuta nel giugno 1844 sul colle della Stragola. Un’altra campana più piccola, ancorata al muro del convento di fronte al campanile, da poco più di un quinquennio scandisce pure le ore della giornata. La chiesa della Sanità alla Cona un tempo era dotata di una sola e piccola campana. Tra il 1903 e il 1906, tra gli altri lavori, è stato anche realizzato l’attuale campanile a vela con due archi di mattoni rossi dotato di due campane di diversa misura, pesanti 166 kg e fuse in una fonderia del napoletano. La campana dell’antico eremo del Crocifisso lungo la strada verso le Junture è quella delle origini e porta fuso a bassorilievo un crocefisso. La chiesa del Carmine, edificata nei primi anni del ‘900, ha un piccolo e modesto campanile a vela e la campana, azionata manualmente, fa sentire i suoi tocchi solo nei rioni vicini. Quella dell’Ecce Homo in località Saltante ha due campanili, uno moderno a cuspide senza campana e uno antico a due archi con campane di diversa grandezza realizzate nel 1903 e nel 1907 a Napoli e ricche d’immagini sacre, disegni e intrecci floreali. Le quattro moderne campane della chiesa di Santa Lucia, inaugurate nel 1988, con il loro suono vibrante si fanno sentire per tutto il paese, facendo concorrenza a quelle dell’abbazia e della chiesa madre. Fuse a Pontecagnano, hanno a rilievo sulla gola l’immagine della santa protettrice della vista e sulla fascia ricordano rispettivamente i primi due parroci p. Antonio Pignanelli e p. Tarcisio Oliverio, i fratelli Tiano, donatori del suolo, l’architetto progettista della chiesa Limido e i donatori dipendenti del Comune e dell’ex USL n. 13. Le chiese di San Domenico all’Olivaro e dello Spirito Santo alla Pirainella non hanno campane e mandano suoni registrati attraverso un congegno elettronico. Con una curiosità: la seconda, accolta nel capannone della dismessa Scuola Tappeti, diffonde nel cielo lo scampanio di una grande basilica romana.