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APPELLO DI UNA SANGIOVANNESE EMIGRATA

LETTERA APERTA AL SINDACO ROSARIA SUCCURRO

Ho rinunciato al mio diritto di parola nel 2006 quando, chiusa la mia azienda, ho lasciato San Giovanni in Fiore e la Sila per trasferirmi a Milano. Non ho più scritto un articolo o commentato, nel bene e nel male, un qualunque avvenimento che riguardasse il mio Paese. L’ho fatto perché conosco bene il giudizio con cui si accoglie un’osservazione fatta da chi è andato via, da chi, non vivendo più in quella terra perde il diritto di esprimere il proprio pensiero a riguardo. Stamattina però mi è esploso dentro un incontenibile bisogno di rompere il mio autoimposto silenzio. Sono stata qualche giorno fa a casa – sì perché anche se vivo fuori da anni, non riesco a chiamare casa alcun altro luogo al di fuori del mio paese natale – le vie principali, il palazzo comunale, e alcuni angoli sono addobbati da luci di Natale dimenticate che si mescolano a cuori di San Valentino e a maschere di carnevale. Luci che ti spingono a guardare in su, mentre l’automobile che ti trasporta inciampa nelle ormai innumerevoli buche. La strada vecchia che porta al cimitero, lungi dall’essere un percorso pedonale circondato da fiori e verde curato, un tragitto in cui accompagnare con dignità il feretro di un proprio caro all’ultima dimora, è una discarica a cielo aperto, con tanto di cattivo odore emanato da un depuratore che versa in un preoccupante stato di incuria. La villa comunale, che durante le feste degli alberi era il luogo di ritrovo delle scuole che assistevano al gesto di mettere a dimora una nuova pianta con l’obiettivo di insegnare il rispetto del proprio territorio, è un luogo che sembra sopravvissuto a un’esplosione, sorte ahimè che tocca a tutti gli spazi di verde pubblico. Ma che fine ha fatto l’orgoglio e la dignità degli abitanti della Sila? Sono stati piegati da anni di assistenzialismo che ha indebolito via via la consapevolezza di avere dei diritti, di avere una voce, la capacità di ribellarsi al sopruso del voto di scambio. Pane e lavoro. Abbiamo accettato i pesci invece di pretendere che ci si insegnasse a pescare. Abbiamo abdicato al diritto di costruire, di creare, di inventarci un futuro diverso, migliore, lì nel posto in cui siamo nati. Paesi del Veneto o dell’Emilia Romagna, arrampicati sulle dolomiti o sugli appennini, che hanno vissuto la nostra stessa povertà, la cui gente ha condiviso le navi e i treni con i nostri paesani che emigravano all’estero, hanno saputo ricostruirsi, hanno saputo immaginare un futuro migliore. Hanno saputo progettare e attrarre gli investimenti e i soldi dell’Europa, che qui invece abbiamo solo ignorato. Ci mancava la capacità di progettare? Di saper rispondere a un bando europeo? L’inventiva? Sindaco Succurro, io non la conosco se non di vista – probabilmente ci saremo incrociate in qualche corridoio del Liceo – non condivido le scelte e i valori del suo partito, ma ho esultato quando ho saputo dell’elezione di una donna, la prima, a sindaco di San Giovanni in Fiore. Lei e la sua Giunta, fatta di giovani validi, avete il compito di invertire lo stato di cose. Vi siete offerti per questa missione. Onorate il mandato del popolo iniziando una riforma vera, non di facciata e di effimere attività ed estemporanei abbellimenti. San Giovanni ha bisogno di progetti strutturali che creino occasioni vere di sviluppo. Mandi i suoi a vedere casi di amministrazioni e progetti green di successo nel Nord Europa, mandi i suoi in Emilia-Romagna, prima regione in Italia per l’utilizzo dei fondi Ue, a imparare come attirare e spendere bene i finanziamenti europei. Non perda il treno del PNRR, che porterà al Sud importanti risorse. Si circondi di professionisti e tecnici di comprovata esperienza e con know-how in ambito green, informatica, economia, finanza, giurisprudenza, progettazione (le basterà cercare su Linkedin le migliaia di sangiovannesi e calabresi, sparsi in Italia e nel mondo, oltre a quelli validissimi che operano già in Calabria). Avvii attività culturali che insegnino ai giovani a diventare imprenditori, supporti quelli che vogliono costruirsi la propria occupazione. Promuova una sana cultura del lavoro, che è si un diritto ma anche un dovere, promuova il merito demonizzando la corruzione e cancelli per sempre la pratica di vendere il voto e l’anima per un favore. Restituisca la dignità a un popolo che nel passato si è contraddistinto per la tenacia, per lo spirito di sacrificio, per l’infaticabile operosità, per il desiderio di fare bene il proprio lavoro. Buon Lavoro.

Maria Grazia Andali