GLI SPAZZACAMINI – QUANDO I POVERI ERANO GLI SVIZZERI

di Rosalba Cimino

Con l’arrivo della primavera, si spengono i camini. Riflettendo su quest’azione, mi sono imbattuta in un intricato studio, che desidero condividere con voi cari lettori. Facciamo intanto un salto nel passato, quando nel lontano 1941 la scrittrice Lisa Tetzner, pubblicò un romanzo intitolato «I fratelli neri. Vicende e avventure di un ticinesino» come titolo di introduzione si legge: “I piccoli schiavi svizzeri”. Ebbene sì, si parla di piccoli schiavi in particolar modo tra il 16esimo e il 18simo secolo nei tempi in cui i contadini poveri del Canton Ticino vendevano letteralmente ai mastri provenienti da Milano, dal Regno di Napoli e dalla Sicilia, i loro figli fra gli otto e i quattordici anni in qualità di piccoli spazzacamini. “Coperti di stracci” lessi in questa cronaca “a piedi scalzi o con le scarpe rotte, tremanti dal freddo e stremati dalla fame, erano costretti ad emigrare” qui si parla di ragazzini ticinesi che venivano venduti come merce al mercato. Questi piccoli spazzacamini erano tanto più ambiti e apprezzati quanto più erano leggeri e agili perché potevano arrampicarsi anche nei camini più stretti e strappare, con la raspa e la scopa, la fuliggine. Uno di questi piccoli spazzacamini si chiamava, Gottardo Cavalli (1907) originario di Calezzo nel Centovalli (Ticino), a soli otto anni quale «piccolo spazzacamino», lasciò una testimonianza impressionante delle esperienze da lui vissute. Nel suo «Diario di uno spazzacamino», scritto più tardi, narra tra l’altro come pulì il suo primo camino: Dapprima triò forte la cintura intorno al corpo facendosi il più sottile possibile per non rimanere sospeso nel camino. L’entrata negli stretti camini era sempre difficile. Si spingeva in alto aiutandosi con le ginocchia e coi gomiti; coi piedi cercava un punto di appoggio per cominciare poi a grattar via dai muri, con raspa e scopa, la fuliggine – L’oscurità, la difficoltà di respiro e specialmente la paura di rimanere schiacciati dentro quei terribili quattro muri, erano un incubo costante. La vita di questi ragazzini era fatta di paura, di fame, di freddo, di malattie e di morte. Nel 1873 qualcuno si accorse di questa terribile situazione tanto che il governo emanò un apposito decreto sugli spazzacamini, nel quale i padroni vennero bollati come sfruttatori. Probabilmente il governo, con questo decreto – condanna intendeva coprire la sua insufficienza e la sua inazione. Infatti l’età dei ragazzini, i danni alla loro salute, Ia mancata formazione scolastica e gli abusi di ogni sorta vennero indicati come motivi dell’emanazione del decreto legge. Si diceva che i mastri assumevano questi ragazzi non tanto come apprendisti di un mestiere quanto come apprendisti della fame: meno mangiavano e meglio potevano risalire lungo i camini. Se volevano mangiare questi ragazzi erano costretti a mendicare. Le lamentele riguardo a ragazzi trascurati nelle città italiane divenivano sempre più insistenti. Si conoscevano persino casi di ragazzi scomparsi, alcuni anche dispersi durante il trasporto dal Ticino all’Italia nel Lago Maggiore. Queste cose non vi fanno pensare all’odierna situazione? gioventù abbandonata, miseria sociale, accattonaggio criminalità e migrazione? Questo triste spaccato di realtà, ha anche un altro grave senno con il presente, ovvero l’omertà – infatti negli anni, le lagnanze e le critiche raccolte magicamente scomparvero dai protocolli comunali, quindi quella del 1873 fu una legge che zittii solo il polverone, perché poi la vendita dei bambini spazzacamino continuò ancora per anni illegalmente. Gli ultimi spazzacamini ticinesi pare, che percorsero l’Italia anche durante la prima guerra mondiale. La storia non si può cambiare ma forse ricordando le atrocità del passato nel nostro piccolo possiamo essere più umani verso il prossimo soprattutto verso i bambini che sono sempre più spesso anche nel 2018 le vittime innocenti di questa società. Quando ripulirete i vostri camini guardate su’ verso l’alto nel buio e raccontate anche ai più giovani questa storia e le nostre fin troppo recenti barbarie, quando gli svizzeri erano costretti a emigrare e i ricchi milanesi approfittavano della miseria altrui. «Ho freddo, ho fame, son piccinino e tutto il giorno vo intorno e grido spazzacamino, spazzacamino!» (da: Filastrocca dei piccoli spazzacamini)