OCCHIO ALLA GINESTRA CALABRESE!

di Luigi Basile

La mitica pianta di ginestra, quella per intenderci dai fili lunghi i cui fiori di colore giallo, detti anche “becco d’uccello”, che a maggio-giugno emanano profumi inebrianti in prossimità delle festa del Corpus Domini e del Santo Patrono, indicata dagli erboristi come “varietà calabra”, pianta tipica della macchia mediterranea che si trova solo in Calabria, ora rischia l’estinzione perché un altro tipo di ginestra, anch’essa di colore giallo, del tipo “selvatico”  e “pungente” , ma di statura molto più bassa, messa a dimora dall’Anas lungo le “scarpate” della superstrada, si sta diffondendo a dismisura, occupando spazi che un tempo erano di quella pianta autoctona. Anticamente con i fili della pianta della ginestra calabrese si ottenevano pregevoli filati per tessitura. Si fa risalire addirittura ai greci, che sbarcarono sulle nostre coste la scoperta di questa pianta e in particolare la resistenza che essa avesse all’acqua e per questo la impiegavano per fabbricare tessuti e soprattutto le corde da navigazione. In particolare il processo di lavorazione, che dalla pianta portava al filato, trovò fortuna in Calabria, soprattutto nella zona tra Longobucco e San Giovanni in Fiore, dove incontrò un’altra tradizione altrettanto antica, quella della tessitura al telaio. È qui infatti che oggi questo tessuto per lungo tempo dimenticato, ha iniziato a suscitare un rinnovato interesse, anche grazie alle sue qualità. Ora però bisogna intervenire perché la ginestra cosiddetta di “varietà calabra” torni a vegetare liberamente, salvaguardata da ogni pianta invadente. Le periferie del nostro paese costituiscono ancora l’habitat naturale per la crescita di questa pianta autoctona, che merita la nostra attenzione.

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