“ARANCE SULLA NEVE”, UN LIBRO DI MARIELLA PICCOLO

Ambientato tra San Giovanni, San Pietro in Guarano e Modena

di SaBa

Mariella Piccolo ha trascorso l’infanzia tra San Giovanni in Fiore e San Pietro in Guarano, due paesi in provincia di Cosenza che costituiscono lo sfondo di molte pagine di questo libro, che ha come titolo “Arance sulla neve” (edito da I Labirinti, euro 16). Ed è qui che la riconducono i suoi ricordi, abitati, oltre che dai familiari, dalle storie dei vicini di casa e di alcuni personaggi pittoreschi, un tempo piuttosto frequenti nell’Italia rurale degli anni ’50 e ’60. In seguito, l’autrice ha studiato a Roma e a Padova, si è laureata in psicologia e si è trasferita a Modena dove esercita la professione di psicoterapeuta da più di trent’anni. E non mancano nel romanzo, costituito da una serie di racconti legati da un filo conduttore, vicende che hanno punteggiato la sua giovinezza e la sua maturità.  Spesso le problematiche che i pazienti portano nel suo studio, i casi clinici che deve affrontare – applicando ascolto, comprensione ed empatia per fornire sostegno e cura, – riattivano in lei il ricordo di avvenimenti che hanno segnato anche la sua vita. Si apre così il sipario di un vero e proprio teatro della memoria, e davanti agli occhi del lettore sfilano l’uomo che vendeva la neve, il “matto” del paese per il quale l’anima era uno straccio appeso all’ombrello, la morte di Tobia, il cane più amato… L’angoscia di una madre per la malattia del figlio riapre la ferita della morte di un fratellino, la sofferta confidenza di un abuso sessuale fa riaffiorare un episodio personale di molestie, l’incontro di un paziente con una donna identica alla madre induce a una riflessione sul soprannaturale, e la premonizione – poi avveratasi – di un ragazzo che immagina di morire a vent’anni, come il suo più caro amico, suscita interrogativi sul misterioso funzionamento della mente umana. Ogni capitolo inizia con la frase di un paziente che, esponendo i suoi problemi, fa scattare una molla e spalanca una finestra sul mondo interiore dell’autrice, convinta che la professione di psicoterapeuta abbia molti punti di contatto e convergenza con la passione per la lettura e la scrittura. Così, una frase colta al volo in treno – Che coraggio quei papaveri, a crescere di fianco ai binari! – la riporta alla forza che dobbiamo trovare per rialzarci dopo una caduta, al coraggio indispensabile per affrontare le avversità della vita. A un paziente che le ha domandato se è vero che i terapeuti sono tutti un po’ “matti”, l’autrice di questo libro ha risposto: “Come puoi capire la paura del buio se non hai mai avuto paura del buio?”.

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