LA GINESTRA DEL CARBONAIO

Una pianta estranea al nostro habitat

Importata dall’Anas per contenere le scarpate, ha invaso le terre della Sila

Non si tratta di un popolo “invasore” bensì di un arbusto che sta colonizzando l’intero Altopiano Silano. E’ la ginestra del carbonaro (cytisus scoparius), una leguminosa appartenente alla famiglia delle Fabaceae, introdotto negli anni ’70-’80 del secolo scorso dall’Anas allo scopo di contenere le scarpate della superstrada 107 nel tratto silano. L’arbusto non è cresciuto  solo sulle scarpate laterali alla strada statale, ma velocemente ha invaso dapprima i terreni limitrofi e successivamente si è diffuso su tutto l’Altopiano, sino alle cime più alte, grazie al notevole numero di semi che la pianta produce (su una sola pianta se ne contano alcune migliaia), ma anche alla capacità  dell’arbusto di lanciare i semi maturi, contenuti in un baccello, a diversi metri di distanza dalla pianta madre. Il resto lo fanno il vento, la pioggia, gli animali, l’uomo e altri vettori. L’arbusto ha invaso, rapidamente, non solo i terreni abbandonati, ma è riuscito ad infiltrarsi nei pascoli e nel sottobosco, soffocando la vegetazione autoctona composta da rovi, rosa canina, lamponi, felci, biancospini e ginestra comune (tanto per intenderci  quest’ultima è quella a fili lunghi con un fiore che sembra un becco di un uccello, che è tipica delle nostre parti), rendendo l’habitat non più idoneo allo sviluppo  dei funghi e favorendo altresì l’espandersi di incendi. “Si tratta di un’invasione difficile da contenere – sostiene l’agronomo Biagio Mele – in quanto gli agricoltori che negli ultimi anni hanno ripreso la coltivazione dei terreni abbandonati hanno incontrato notevoli difficoltà ad estirpare l’arbusto che presenta un apparato radicale molto sviluppato capace di penetrare anche i terreni duri e compatti, mentre e il suo sviluppo aereo raggiunge i 2-3 metri di altezza. È un allarme da non sottovalutare – prosegue il tecnico – che ritengo sia il caso di investirne le Università calabresi, il Parco Nazionale della Sila, l’Arsac e le associazioni di categoria e, non ultimo l’Anas, in modo che insieme possono contenere l’invasione di una specie estranea al nostro habitat”. Non sarà un intervento facile, ma prima si inizia, meglio è.

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